Oltre gli stereotipi

Tonina Santi

In quale zona di Roma  metto le prostitute e gli uomini che le frequentano per quell'impellente bisogno che hanno di fornicare? Questa deve essere stata pressapoco la domanda che si è fatto il sindaco Marino. Che ha sbrigativamente deciso che l'Eur poteva diventare un quartiere a luci rosse.  E pazienza se anche in quel luogo vi sono abitanti che non ne vogliono giustamente sapere.

Mi verrebbe da dire che solo un uomo  ha potuto decidere di risolvere  in quattro e quattrotto un problema di tale portata. Ma non è così, perché ormai le parole del senso comune, anche femminile,  ci ripetono che la prostituzione è “il mestiere più antico del mondo”,  che va rispettata la “libertà di fare mercimonio dei propri corpi” e che prostituirsi “è un lavoro come un altro”.
E invece no. Non è un lavoro come un altro. E  sarebbe importante, per una società che crede di essersi evoluta civilmente, dire almeno che non è un mestiere dignitoso. Che non basta la convinzione che non si possa contenere e su cui sia problematico  regolamentare per accettarne lo squallore, pur se le sue radici sono antichissime. Come deriva dall'antichità la costruzione androcentrica del nostro vivere civile, che ha comunque avuto come supporto la complicità tra dominanti e dominate. ( Pierre Bourdier – “Il dominio maschile”) Ma perché evitare di approfondire  gli aspetti con cui si forma, evolve la cultura e con la cultura le coscienze, le civiltà su cui si sono strutturati nel tempo i rapporti di potere tra uomini e donne?

Nell'esercizio della prostituzione si esprime una sessualità degradata,  i ferri del “mestiere “  sono i corpi che si fanno strumento e merce allo stesso tempo. Se ciò fosse concepito per altri lavori, lo si riterrebbe degradante per l'essere umano. Perché  degradante  è la scissione tra corpo e anima in nome del denaro.

Un dato statistico rileva che “9 milioni di maschi italiani adulti fanno sesso a pagamento.  Ma lo stereotipo è quello che il sesso è colpa delle donne che lo provocano ma tutta salute per gli uomini che lo comprano. Si tratta invece di un'enorme questione maschile.”  (Mila Spicola, giornalista)

 Chi paga la prostituta, chi sceglie tra le tante sul  mercato di strada o altrove  l'essere umano con cui sfogarsi, utilizzandone a proprio piacere il corpo, esprime potere e libertà.  Non esiste rapporto paritario tra chi mette il proprio corpo al servizio del soddisfacimento del desiderio e dello sfogo maschile.  

Faccio mie le  parole di Lea Melandri (Libera Università delle donne – Milano) riportate sulla 27a ora del Corriere il 9 febberaio.
La prostituzione, in tutte le sue forme di costrizione o scelta, non solo non è un lavoro come un -  altro, ma si può considerare l'impianto originario – il più antico del mondo – del rapporto tra sesso e denaro, sesso e potere, sesso e lavoro.


 

9-3-2015